“Quando Peppino ed io abbiamo visto il buco della bomba con la quale fu ucciso nostro zio Cesare Manzella, capoclan della zona, mio fratello esclamò: Se questa è mafia, io per tutta la vita mi batterò contro. La stessa modalità assassina fu usata con lui il 9 maggio del 1978, per farlo passare per terrorista. Peppino avrebbe oggi 75 anni. Non era solo un rivoluzionario, ma anche un politico impegnato ed un poeta. Fondò una radio ed un giornale. Fu protagonista di battaglie ecologiste come oggi fa Greta Thunberg”.
La storia di Peppino Impastato è stata ripercorsa dal fratello Giovanni nell’ambito del Festival Filosofico del Sannio, dedicato alla libertà. Ad ascoltare le sue parole migliaia di studenti delle scuole superiori, nel Cinema Teatro Cinema San Marco di Benevento ed in collegamento. Le motivazioni del suo impegno antimafia, i suoi ideali, le sue passioni, sono raccolti nel libro “Mio fratello -Tutta una vita con Peppino”, che tratteggia anche l’evoluzione della mafia da agricola ad urbana negli anni settanta.
“Quando l’hanno ucciso –racconta Giovanni- non ci siamo persi d’animo. Ci siamo rimboccati le maniche, con mia madre Felicia ed i suoi compagni. Il primo obiettivo era quello di rendere omaggio alla sua memoria. A quel tempo io condividevo le sue idee, ma non il suo impegno. La sua scelta ribelle provocò una rottura in famiglia, perché nostro padre era un mafioso. Poi ho capito che aveva ragione. Dobbiamo continuare a ricordarlo, al di là del film “Cento passi”, che lo ha reso famoso come un Che Guevara”.
All’incontro, moderato da Carmela D’Aronzo, presidente dell’associazione “Stregati da Sophia”, promotrice del festival, ha partecipato anche Simmaco Perillo della Cooperativa sociale “Al di là dei sogni” e del Consorzio “Nuova Cooperazione Organizzata”. “Nelle Terre di Don Peppe Diana -ha detto Perillo- abbiamo creato opportunità di lavoro, utilizzando un bene confiscato alla criminalità. Se le fiction televisive mitizzano il fenomeno camorrista non sono educative. Tutto dipende dall’impostazione narrativa”.
Gli studenti hanno interloquito con tante domande sull’argomento. Cosa bisogna fare per sconfiggere la delinquenza organizzata? Quale eredità lascia Peppino Impastato? “La mafia -osserva Giovanni- riesce ad entrare nella nostra economia perché non è Antistato, ma è dentro lo Stato. Come dimostra la sua presenza nelle grandi opere pubbliche e nel sistema degli appalti. Questo non può avvenire senza buoni rapporti con la politica. Chi ha scoperto il gioco è stato ucciso, come Falcone, Borsellino e il generale Dalla Chiesa”.
L’assassinio di Peppino avvenne lo stesso giorno in cui uccisero Aldo Moro e per questo passò in secondo piano. Il suo sacrificio parla ancora ai giovani. “Mio fratello -fa notare Giovanni- era contro il razzismo e il fascismo. Difendeva le istituzioni. Qualcuno vorrebbe giustificare alcuni fascistelli che hanno aggredito gli studenti davanti ad una scuola di Firenze. Va ribadito invece che la scuola è antifascista e per la Costituzione. Peppino ammirava i cittadini onesti, ma anche interessati alla politica”.
L’attivista svedese Greta sta facendo le stesse cose di Peppino, andando a protestare sotto il Palazzo del Potere. “Mio fratello diceva -conclude Giovanni- che bisogna insegnare alla gente cos’è il paesaggio prima che venga distrutto, il concetto di bellezza. Ricordo che andava nelle periferie, scattava fotografie per denunciare lo scempio del territorio, le speculazioni edilizie. Ragazzi, dobbiamo controllare il nostro ambiente, farlo conoscere, impedire che venga rovinato. Anche questo è il messaggio di Peppino”.